…Tenendola per mano sfuggiva il mio sguardo, ed impaurita a
stento riusciva a camminare, temendo di scivolare sul sentiero scosceso, di
buche melmose, in quella fredda e piovosa giornata di inizio autunno, che
sicuramente era un’eccezione del periodo, caldo fino al giorno prima, e che
improvvisamente ci aveva ricordato che tutto è imprevedibile, nel momento in
cui ti avvicini alla pace, mentre il
mondo vuole la guerra.
Ma guerra con se stesso, nell’incapacità di coagulare le
esigenze di ognuno, in un meccanismo perverso che costringe ad essere attori e
bugiardi, quando il potere ti soffoca, nel suo gioco di sporco interesse di
parte, di manie di grandezza, ma che in fondo è soltanto un capriccio, per
dimostrare che si può comandare con l’inganno e l’arroganza, che una società va
avanti solo con la crescita economica, nel voler dimostrare che il bene si
ottiene imponendo un punto di vista, a discapito di quello altrui; nel voler
imporre la propria cultura, a discapito di quella altrui; nel voler imbrigliare
in un confine quello che non si può contenere: la speranza di essere liberi e
diversi.
Lo sbattere di ali vicino al faro mi proietta in una notte di pioggia, in realtà
le mille falene fanno piovere solo nella mia mente, l’acqua resta nel cielo e
le falene intorno al faro. Le loro ali nel buio, in cerca di luce, sbattendo
sulla plafoniera danno sensazione di scrosci mai arrivati, ma io uguale mi
ritrovo sveglio, bagnato.
Mi riaddormento.
E’ oramai un sogno ricorrente quello di poter migrare verso
una luce lontana, ma ho difficoltà a spiccare il volo e allora cerco un posto a
strapiombo, dove la corrente mi aiuti ad alzarmi e volare a vela, mancandomi quella spinta
iniziale per staccarmi da terra di mia volontà. Pur in volo planato, perdo
spesso la rotta e mi ritrovo a non poter decidere la traiettoria, come se una
forza oscura mi spingesse dove essa ha deciso di andare, e pur contorcendomi
per virare, quella forza mi cattura, portandomi con sè verso mete sconosciute,
confini inesplorati, mai scontati.
L’ombra di un albero lontano, in un deserto di idee sparse,
ed io sotto a cercare riparo quando la forza in quel luogo mi conduce, e privo
di volontà cerco di rialzarmi nello scricchiolio delle ginocchia abituate
oramai al volo; riguadagno solo a stento la posizione al suolo, per la quale
vivo: homo di sicuro erectus, sul sapiens dubiterei. Intorno a me non vedo
nulla, solo polvere che il vento sottrae alla terra, ogni tanto immagino cosa
ci sia, al di là. D’un tratto un rumore sordo mi sveglia dal sonno in cui sogno
di volare e tutto si palesa, nella semplicità di una donna bellissima che mi
tende la mano. E’ la Madre Terra.
Non capisco. Dormo e sogno di dormire. Mi sveglio nel sogno
e vedo una mano tesa. Mi piace. Non sento più il dolore alle ginocchia. Anche
se è notte, le falene sono ora farfalle. Con le loro ali il vento, quanto basta
a diradare la polvere intorno a me.
Le lucciole intanto
si radunano sotto la chioma dell’albero. Illuminano il blu della notte. Intorno
sempre il deserto, ma stavolta ne percepisco i confini, le
idee tutte in un punto. Penso di essere
salvo.
Ma salvo da cosa? Ero
in cerca di me stesso, di quell’uomo sapiens, ma intento a volare forse l’avevo scordato, e nell’illusione di altro,
dimenticavo quello di cui ho davvero bisogno : dignità , uguaglianza , giustizia.
Ma se la traiettoria
del volo quindi dell’atterraggio non la scelgo io, che senso ha tutto questo?...
MIMMO SOLA da L.R.D. 17
GIUGNO 2015
Grazie per la lettura
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